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GLI UOMINI PER ESSERE LIBERI
“Si dimentica perché fa comodo, ed è criminale. E si dimentica per pigrizia, il che è stupido.
La conoscenza di quanto accaduto è infatti l’unico strumento che abbiamo per distinguere il luogo dove ci capita di vivere. È la bussola che ci permette di orientarci.”
Rosetta Loy
L’intitolazione della nostra scuola a Giovanni Falcone ci impegna ad assumere il dovere etico di capire cosa significa veramente la cultura della legalità, cosa significa nell’azione politica di chi governa e in quella civile di chi è semplice cittadino. Sabato 26 maggio più di duecento studenti del nostro Istituto, del quarto e quinto anno, lo hanno scoperto grazie al prof. Gianfranco Agazzi: hanno scoperto cosa hanno fatto tanti uomini e donne in nome della libertà, della giustizia, della democrazia dal tempo dei loro bisnonni fino agli anni Novanta, fino al 23 maggio del 1992 quando muoiono Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta, preludio di un’altra tragica fine, quella di Paolo Borsellino e di altri difensori dello Stato il 19 luglio.
Un viaggio di due ore in cui la microstoria, quella locale, si intreccia alla Grande Storia, quella degli eventi nazionali e internazionali e la illumina, la rende più vicina a noi: il viaggio è a ritroso, inizia dal 1978, 16 marzo, ore 9.15, le Brigate Rosse rapiscono Aldo Moro, per i cinque uomini della scorta non c’è scampo. Un fatto di cronaca che incide profondamente nella situazione politica italiana, ma lascia un segno profondo anche nella mente di un ragazzino di nove anni, lo stesso Agazzi, che d’improvviso diventa grande e da quel momento sa che deve capire e per capire deve conoscere.
Il messaggio è giunto chiaro e profondo ai ragazzi presenti: non serve giudicare chi è vissuto prima di noi, serve conoscere e capire. Per capire si deve ripercorrere la storia degli italiani: dalla sofferenza degli emigranti partiti dalle loro case verso le Americhe o l’Australia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo dove però saranno emarginati e rifiutati, ai tanti contadini partiti per la Grande Guerra, vittime della follia dei potenti e ingannati nella promessa di terre da coltivare al loro ritorno a casa. Il ritorno li vede ancora più poveri e così iniziano le lotte, gli scioperi: è il biennio rosso a cui segue il biennio nero con lo squadrismo fascista e la rapida ascesa di Mussolini. Gianfranco Agazzi non tralascia nulla: l’assassinio di Matteotti e accanto le vittime meno note della microstoria locale, l’Italia razzista delle leggi contro gli ebrei, emanate nel 1938 e poi la follia di una nuova guerra, seguita dalla guerra partigiana contro il nazifascismo. Non si deve tralasciare nulla per capire veramente la nostra storia di ieri e di oggi. Così inizia il racconto della ripresa del paese all’insegna del voto finalmente concesso alle donne e di una Costituzione che è espressione della lotta per la libertà. Alla fine degli anni ’50 l’Italia si avvia verso il boom economico, ma gli squilibri sociali sono molti e dal sud molti si spostano al nord in cerca di lavoro: nuove difficoltà, nuove umiliazioni. Solo considerando questo passato riusciamo a capire come l’ottimismo si trasforma in rabbia sociale. Il 1968 è l’anno della contestazione studentesca e operaia, gli anni ’70 quelli della nascita del brigatismo rosso, dello stragismo nero e dei tanti tentativi di destabilizzare lo Stato. Sarebbe lungo elencarli tutti, ma Gianfranco Agazzi lo ha fatto, con l’efficacia delle immagini dell’epoca, delle voci dei testimoni. Anche la bellissima voce di Utibe Joseph, con alcune canzoni simbolo, ha scandito i momenti chiave di questo lungo percorso nella nostra storia conclusosi, come è iniziato con il rapimento di Aldo Moro, il ritrovamento del suo corpo in via Fani il 9 maggio 1978, lo stesso giorno della morte, in Sicilia, di Peppino Impastato “che mancava di rispetto alla mafia”: stragi politiche e stragi mafiose da questo momento si intrecciano. È la fine della Prima Repubblica.
L’incontro con Gianfranco Agazzi lascia agli studenti un messaggio di impegno e lotta per la legalità attraverso le figure simbolo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino uccisi dalla mafia: le immagini della stage di Capaci non si dimenticano, non si devono dimenticare!
A cura della redazione FXP